Ecco che si avvicina
con in mano l’arma assassina;
ci guardiamo come in un duello:
lui è assai sporco e non è per niente bello.
Cerco di ridurre il passo a zero,
ma lo spazio è poco, per davvero;
cerco d’imbrutire allora l’ espressione
per inibire, almeno, la sua mal'intenzione.
Ma quello, niente, è sempre più vicino;
l’ultima difesa è alzare il finestrino
e gli occhi, per vedere se a distanza,
s’illumina il verde della speranza.
E invece è tutto fermo e rosso come il fuoco
e io mi sento in gabbia, perso dentro questo assurdo gioco;
non mi rimane che un timido no col dito
ma la sua arma ormai mi ha già investito.
E mi sembra quasi di sentire,
lo percepisco, non mi può mentire,
quello di dietro con il suo rilassamento,
la sua soddisfazione e il suo essere contento.
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