'70
Mia nonna mi svegliava
per portarmi a far la spesa
ma passava prima in chiesa
a pregar chissà per cosa.
Mio nonno mi donava
dieci lire per le gomme
ma soltanto se ascoltavo
il suo racconto sulle bombe.
Io, con le braghe corte,
correvo sulla terra
e fingevo di morire
come eroe di quella guerra.
Ed il fornaio Zeno
mi guardava e sorrideva
per tutto quel fiatone
e per la faccia tutta nera.
Il cielo era più azzurro
oltre la polvere e il paesaggio;
scartavo il bubble-gum
e mi stampavo il tatuaggio.
'80
La cinquecento bianca
parcheggiata sotto casa
con l'alberello giallo
a riempirla di limone.
Mia sorella, chiusa in bagno,
a farsi bella con Bosè
e il suo primo innamorato
ad aspettarla lì con me.
Era "un sabato qualunque",
era "un sabato italiano",
mi accendevo la Marlboro
dopo aver preso il caffè.
Indossavo poi il giubbotto
con lo stemma AC/DC,
l'autoradio, il portafoglio
e i miei amici eran già lì.
La sera era più lunga,
la notte il nostro giorno
e "For those about to rock"
sia all'andata che al ritorno.
'90
La casa era pulita
profumata di lavanda
e Luisa quasi pronta
a ricevere gli amici.
Io scendevo giù con Billy
e giocavo la schedina,
poi tornavo appena in tempo
per accogliere la banda.
Grandi risa e sguardi obliqui,
con la donna di Simone,
tra racconti, barzellette
e rumore di bicchieri.
Qualche fiasco di Barolo,
qualche tiro di maria
poi ci baciammo di nascosto,
prima che andassero tutti via.
La vita era più aperta,
l'amore chissà cosa;
credo si chiamasse Marta,
ma non divenne mai mia sposa.
'00
Mio figlio sta giocando
con le bolle di sapone,
sua madre sta guardando
frammenti di tivvù;
io sto battendo i tasti
di una tastiera luminosa,
con gli occhiali in punta al naso
e un bicchiere di qualcosa.
E' una domenica qualunque,
di un inverno assai piovoso,
con il gatto sul divano
e la cena già sul fuoco;
cerco la quartina giusta
per una chiosa dignitosa,
che rispetti il cuore,
quando vuol mettersi in gioco.
Lo spazio è relativo
e il tempo un' illusione,
se basta così poco
per star dentro a una canzone.
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