Potrei sembrar geloso verso il benessere di qualcuno,
il tipico perdente appeso a fragili utopie,
con quelle amenità sunte nel detto della volpe e l'uva,
se ora ti canterò della ricchezza, ma dal punto umano
e non da quello triste, volgare e squallido del dio danaro.
Per cui: sono nato al buio di una baracca di periferia,
senza l'acqua corrente, ma una fontana in fondo alla via,
tra polvere, sassi, terra e panni stesi in mezzo ai pali,
che erano anche le porte nelle partite tra parenti
ed un recinto pieno di polli, oche, papere e pulcini.
E, per un bambino, avere gioiose immagini sempre negli occhi,
correre, ruzzolare, sporcarsi, ridere e farsi male,
vuol dire aprirsi agli altri ed imparare ad amar l'ambiente
e non sentire il bisogno di dover chiedere mai balocchi,
perché, la sua fantasia, si nutre di aria sana e intelligente.
Così, quando a scuola il figlio di un ingegnere mi volle mostrare
il suo astuccio enorme, con riga, squadra e trentasei colori,
io sorridetti appena e tirai fuori dai pantaloni
una matita fatta con le piume di ogni mio animale
e questo si fece zitto e la volle in cambio del suo arsenale.
E se questa vita, adesso, mi tenta gli occhi col suo materiale
ed io, nelle mie tasche, ho solo pace da regalare,
ripenso a quel cortile e al figlio arioso di un ingegnere
e provo compassione per chi si ostina ad apparire,
perché vedo un'infanzia triste e, pari al denaro, squallida e volgare.
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