mercoledì 19 agosto 2015

CARISSIMO MIO STATO


Immagina il mio stato,
carissimo mio Stato,
quando mi è arrivato il conto
che ancor non ho pagato
e me lo chiedi armato
di minacce e contromosse,
nemmeno fossi un membro
delle Brigate Rosse.
Così, col capo chino
cosparso dalla cenere
ed il sorriso stupido
di chi è costretto a chiedere,
ingoio il mio orgoglio
e la mia dignità,
mi prostro al tuo patibolo
e invoco umanità.
Ma tu, mani sui fianchi
e sguardo che mi oltrepassa,
non cedi di una virgola
e mi aumenti, anzi, la tassa;
al limite-mi dici-
c’è un altro modo ancora:
può estinguere il suo debito
scontandolo in galera.
E proprio in quel momento
si muove il mostro dentro
che se lo lasciassi libero
ti salterebbe al collo;
ma il tempo mi ha insegnato
a domarlo con saggezza
per non aggiunger merda
a ciò che è già schifezza.
Così, respiro lungo
e sorriso da leone,
recupero fierezza
e la spingo in fondo al cuore;
mi rialzo e son più alto
di quando ero arrivato:
il cuore mi ha aiutato
a cambiar punto di vista.
Son io che ho sbagliato,
è stato mio l’errore
e non conta se la testa
quel giorno stava altrove,
a combattere per i miei figli
che tu mai hai tutelato;
per cui, eccoti i miei polsi:
voglio essere condannato.

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